150° unità Italia

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL FANTE

Federazione Provinciale di Venezia

Incontro Istituto Comprensivo di Rivignano (UD) del 28 febbraio 2011

Oggi mi hanno invitato a parlare del “150mo dell'Unità d'Italia” e devo dirvi con tutta
onestà che non ho molta memoria, e visto che la memoria l'ho abbandonata, desidero
collegarmi alle indicazioni stradali della Vostra città di Rivignano e della Vostra Regione
“Friuli Venezia Giulia”, e così seguendo questa linea, costruiremo insieme il percorso che
ci condurrà a spiegare questo evento. “La nascita del concetto di Patria”.
Nella Piazza principale del paese, intitolata IV Novembre, esiste un monumento ai Caduti
di questo paese, a coloro che sono morti in tutte le guerre che la nostra Italia ha partecipato,
e che tutti i cittadini di questa Vostra città hanno, volenti o nolenti, fatto.
Attorno a noi avete i Vostri nonni delle Associazioni d'Arma, i Fanti d'Italia e gli Alpini,
essi sono coloro che portano le Corone d'Alloro sui monumenti che ricordano i soldati
caduti.
Per parlare della Patria, carissimi studenti, dobbiamo parlare di coloro che vengono
chiamati i Padri della Patria. Si ricordano i principali Padri della Patria, Voi avete intitolato
una Via a Giuseppe Mazzini, ma ci sono Giuseppe Garibaldi, Vittorio Emanuele II, ma
avete ricordato il primo Presidente del Consiglio del Regno d'Italia, persona seria che però
non vide la luce del compimento nazionale perché morì il successivo 6 giugno del 1861,
Camillo Benso Conte di Cavour. Ritengo doveroso ricordare tutti coloro che sacrificarono
le loro giovani vite per raggiungere questo fine ultimo.
Padri, per essere padri bisogna avere dei figli, dei figli che seguano i “principi”, gli ideali
che si vogliono realizzare o che vogliono che i loro figli portino avanti, quello che i padri
hanno cominciato a realizzare o continuare l'opera che hanno già realizzato.
Patria, un nome italiano, che deriva come tantissimi nomi della nostra lingua italiana dal
latino, un filosofo latino chiamato Cicerone, diceva “dove si vive bene, ivi è la Patria”,
“Patria est ubicumque est bene”.
Vivo bene a Rivignano, la Vostra città, vivo bene a Udine, la Vostra provincia, vivo bene
in Friuli Venezia Giulia, la Vostra Regione, vivo bene in Italia, la Vostra Nazione.
Vivo bene perché qui hanno vissuto bene la mia mamma ed il mio papà, i miei nonni, i
miei professori, i miei amici di scuola, dove possiamo decidere che scuola frequentare,
dopo le medie inferiori, andare in un Istituto tecnico, al liceo, in una scuola professionale,
andare a scuola fino ai quindici anni, acquisire un mestiere o poi andare all'Università,
anche il più semplice di noi può andare in alto, se ha le possibilità intellettuali e fisiche e la
voglia di studiare. Siamo regolati da leggi, eleggiamo i Parlamentari e tutta la struttura di
chi ci governa e questa struttura, sia comunale, provinciale, regionale che nazionale è eletta
da noi, da coloro che hanno la maggiore età, tutto parte da noi ed un domani, quando sarete

adulti anche da Voi. Ma per arrivare a tutto questo c'è voluto un lungo cammino, un
cammino che è partito da lontano, il nostro essere Nazione nacque il 7 gennaio 1797,
quando fu presentata a Reggio Emilia, la bandiera che oggi abbiamo, il Tricolore, questo
tricolore per essere precisi nacque a Milano, il tricolore composto dal Verde dal Bianco e
dal Rosso. Il Bianco ed il Rosso fu preso dalla Bandiera della città di Milano ed il Verde
dalle divise della Guardia civica di Milano, la città capoluogo della Lombardia e vedete
anche se fu presentato a Reggio nell'Emilia, ebbe la nascita in Lombardia ed i Lombardi ne
sono fieri e orgogliosi. Siamo debitori per il Tricolore ai nostri fratelli francesi, loro con la
Rivoluzione, che cominciò nel 1789, si diedero il primo tricolore, e siamo anche debitori
per tre lettere, tre parole, tre impulsi, tre principi,


Libertà, Eguaglianza, Fratellanza,
e per realizzare questi tre impulsi, gli italiani, cioè coloro che abitavano in questo stivale e
nelle due isole maggiori, cominciarono a lavorare, si impegnarono a realizzare questi
ideali.
Ci vollero circa 64 anni per realizzare l'Italia Unita, abbiamo raggiunto l'unità nazionale
nello Stato sovrano, che si compì il 17 marzo del 1861, ma per realizzare e farli avere a
tutti, che tutti i cittadini di questo paese potessero trarne i benefici, ci vollero ancora 85
anni circa.
Nel 1861, grazie a due guerre di indipendenza, la prima nel 1848 e la seconda nel 1859, ad
una impresa, quella dei Mille, che liberò la Sicilia ed il Meridione d'Italia dai Borboni, (un
episodio, il 15 maggio 1860, durante la battaglia di Calatafimi, in Sicilia, il generale Nino
Bixio nel vedere la battaglia volgersi negativamente per le Camicie Rosse (i Garibaldini),
si rivolse a Giuseppe Garibaldi, chiedendo cosa fare, ed il generale rispose “qui si fa l'Italia
o si muore”, frase che è scolpita su un marmo sopra la collina di Calatafimi.) E qui avete
intitolato la Via Volturno, episodio cardine e conclusivo della guerra garibaldina del 1860.
Si compì l'Unità d'Italia, il periodo che intercorse dal 1797 al 1848 fu un periodo di
contrasti e di moti rivoluzionari che sfociarono in insurrezioni, in rivolte, in proclami, in
fucilazioni, deportazioni in carceri lontane come lo Spielberg, con idee ancora confuse, chi
desiderava realizzare l'Italia sotto il papato, chi sotto un re, chi sotto la repubblica, le idee
erano molte ma bisognava coagulare queste idee sotto una figura simbolo e questo avvenne
sotto un principe di casa Savoia, Carlo Alberto di Savoia ramo Carignano e si compì l'unità
d'Italia. Dal 17 marzo 1861, non ci furono più Lombardi sotto gli Austriaci, non più
Piemontesi Liguri e Sardi sotto casa Savoia, Toscani sotto il granducato degli Asburgo
Lorena, i vari ducati di Parma, Reggio, Modena e Piacenza, gli Emiliani, i Marchigiani e
gli Umbri sotto il Papato, i meridionali Campani, Abruzzesi, Molisani, Pugliesi, Lucani,
Calabresi ed i Siciliani sotto i Borboni, da questa data, dal 17 marzo 1861 saranno tutti
chiamati Italiani.
(26 milioni di abitanti, votanti 419.938, e votarono per il primo Parlamento solo 170.567.)
Questo non fu sufficiente, spostarono la capitale da Torino a Firenze e ci vollero altri
cinque anni per unire il Veneto ed una buona parte del Friuli all'Italia. Cosa dovremo fare,
noi abitanti del Veneto e del Friuli, non accettare questo evento perché il 17 marzo 1861
non avevamo il nostro paese, la nostra Regione inglobata nel Regno d'Italia, sono ridicole
quanto subdole gli interventi negativi e non partecipativi per questo evento. Ci vollero altri
sei anni per unire Roma e la regione Lazio, e far diventare Roma la Capitale del Regno
d'Italia. Altri 46 anni per unire il Trentino Alto Adige ed il restante Friuli Venezia Giulia,
quello che chiameranno “Trento e Trieste” nel 1918.
La memoria non mi abbandona ma, non posso non dimenticare la Villa Badoglio a
Flambruzzo, Piazza IV Novembre già citata, Via Ungaretti, poeta e fante d'Italia che
espresse liriche di alto valore, Via Piave, la difesa estrema sul fiume che divenne “sacro
alla Patria”, Via Vittorio Veneto, famosa la Battaglia che si svolse dal 24 ottobre al 4
novembre del 1918, Via Nazario Sauro e Via Cesare Battisti, caduti sulla forca austriaca,
esalando il loro ultimo respiro e gridando viva l'Italia. Via Armando Diaz, Via
Tagliamento, Via Cadorna, Via Isonzo che ha dato il nome a ben dodici battaglie svoltesi a
cavallo di questo fiume, tutti nomi che si riferiscono alla I' Guerra Mondiale ed alle
vicende che hanno scosso la Vostra terra friulana e la mia veneta. Questi nomi fanno
seguito al periodo che va dal 24 maggio del 1915 (inizio della I' Guerra Mondiale,
chiamata anche IV Guerra d'Indipendenza) al 24 ottobre 1917, inizio della ritirata o della
disfatta di Caporetto, il Friuli Venezia Giulia vide il Regio Esercito Italiano e Udine
“capitale della guerra” e la sede del Comando del Regio Esercito sotto la guida del

Generale Cadorna. La Vostra regione era un immenso accampamento e le retrovie del
fronte arrivarono in tutti i paesi del Friuli.
Non posso non ricordare tutto ciò che avvenne nel periodo che va dal 1918 all'8 settembre
del 1943, la morte di Matteotti, un politico ucciso per le sue idee di libertà e di socialismo
nel periodo successivo all'avvento e all'affermazione del Fascismo. Ricordo la Via
intitolata a Luigi Sturzo, il fondatore della Democrazia Cristiana. La catastrofe e gli
interventi nella guerra di Spagna, nell'aggressione alla Etiopia e nell'annessione
dell'Albania e la successiva adesione ad una guerra mondiale, la seconda, a cui il popolo
italiano e la nazione Friulana non diedero mai il loro consenso, ma che si videro costretti. I
padri che avevano difeso i “sacri confini”, e coloro che riposavano nei molti Sacrari sparsi
in tutta la Vostra Regione, inviavano i loro giovani figli nella immensa carneficina e nella
fornace dove hanno trovato la morte moltissimi Fanti e Alpini nati in questa terra, i loro
resti o almeno quelli che sono stati ritrovati e sono ritornati sotto il cielo d'Italia, riposano
nei Sacrari di Cargnacco e di Udine. Il 25 Aprile del 1945, nome significativo che è il
giorno della fine della II' Guerra Mondiale, considerato come la Festa della Liberazione,
ricorda anche i Martiri della Libertà che richiama i caduti per la libertà a seguito della
guerra civile, dall'8 settembre del 1943 al 25 aprile del 1945. Il successivo 2 giugno 1946 la
nostra Italia, la nostra Nazione si dà una Costituzione e diventa una Repubblica.
L'8 settembre del 1943, gli Italiani persero il senso e l'amore del concetto di Patria ma noi
non dimentichiamo coloro che in Friuli sono morti per la Libertà di pensiero.
Non dimentico Via Aldo Moro, un politico ucciso dalla barbarie e dalla ignoranza di coloro
che hanno creduto che con la violenza si possa realizzare tutto, non con la Democrazia, ma
Voi qui a Rivignano credete nella democrazia e nel valore della fratellanza e
dell'eguaglianza perché avete esposto, negli uffici pubblici, accanto alle Bandiere Nazionali
la Bandiera dell'Europa, le stelle in campo celeste.
Non siamo più chiusi nel nostro stivale, nella nostra penisola, dobbiamo considerarci
Europei, Italiani sì ma Europei, con i Francesi, spagnoli, inglesi, tedeschi, olandesi ecc.
ecc..
Vedete quanti anni sono passati, quanta gente ha sofferto e per coloro che sono morti per
questa Italia, questi nostri “caduti” li ricordiamo nel monumento che è stato realizzato in
Piazza, dove il 25 aprile, il 2 giugno ed il 4 novembre i nostri amici delle Associazioni
d'Arma, con i loro baschi, i loro fazzoletti, le loro insegne, ci ricordano il rispetto della
Memoria, ed è per questo che Vi invito, come hanno fatto quelli che vi hanno preceduto,
teniamoci per mano e cantiamo con voce forte e decisa l'Inno di Mameli, l'Inno degli
Italiani.
Grazie ragazzi,
vogliate realizzare i principi di libertà, per tutti coloro che abitano su questa terra,
accettando le persone che scappano dai loro paesi e dai loro governi che li opprimono,
quelli di eguaglianza, avendo rispetto per tutti quelli che conoscete,
quelli di fratellanza, considerando fratello anche il diverso, quello che cammina su una
sedia a rotelle, quello che ha difficoltà nell'apprendere, senza prenderli in giro e cercando
di aiutarli quando sono in difficoltà, così sarete considerati dei veri Italiani.
Vedete, il rispetto del diverso, di colui che non la pensa come voi, che abbia il colore della
pelle diversa dalla Vostra, che professi un'altra Religione diversa dalla Vostra, che sia
vestito differentemente da come vi vestite voi. Voi che appartenete a questa grande
Nazione che è l'Italia, dopo aver accettato ed aiutato tutte queste persone, potrete dire di
aver passato quel ponte che interiormente Vi dice, nel Vostro cuore, che sebbene siete
Italiani, siete diventati e vi sentirete Europei, accettando cristianamente l'amico che vi sta
vicino. Questo era uno dei principi di Giordano Bruno, che nacque a Nola, la terra natia di

mio padre, e Voi a lui avete intitolato una Via e ciò vi fa onore ed avete la mia gratitudine
perché fummo noi Veneziani a consegnare questo frate di alto valore morale, e di una fede
eterna nel bene dell'universo alla Santa Inquisizione di Roma perché dopo averlo torturato
lo conducesse in Campo dei Fiori per fonderlo con il fuoco nella eterna gloria del suo
pensiero. Solo così noi acquisiremo il concetto di Patria con nuovo amore verso una Italia
diversa, nuova e produttiva di bene verso tutti coloro che amano questa terra che ha dato i
natali e Voi li ricordate tutti Dante Alighieri, Via Ippolito Nievo, Via Ugo Foscolo, Via
Torquato Tasso, Via Giosuè Carducci, Via Manzoni, Via Galileo Galilei e Ludovico
Ariosto.
Datevi la mano, in Chiesa prima della Comunione, si dà la mano a quello che vi sta vicino
nella sedia accanto e si dice “pace”, cantiamo adesso l'Inno di Mameli, mentre i nostri
nonni alzano al cielo i Tricolori.
Viva l'Italia ed evviva la città di Rivignano.

Un pensiero, una frase di Giuseppe Mazzini “padre della Patria”

Senza una patria libera nessun popolo può realizzarsi né compiere la missione che Dio gli
ha affidato; il secondo obiettivo sarà l'Umanità che si realizzerà nell'associazione dei liberi
popoli sulla base della comune civiltà europea attraverso quello che Mazzini chiama il
banchetto delle Nazioni sorelle. Un obiettivo dunque ben diverso da quella confederazione
europea immaginata da Napoleone dove la Francia avrebbe esercitato il suo primato
egemonico di Grande Nazione. La futura unità europea non si realizzerà attraverso una
gara di nazionalismi ma attraverso una nobile emulazione dei liberi popoli per costruire
una nuova libertà. Il processo di costruzione europea, secondo Mazzini, doveva svolgersi
prima di tutto attraverso l'affermazione delle nazionalità oppresse, come quelle facenti
parte dell'Impero Asburgico, e poi anche di quelle che non avevano ancora raggiunto la
loro unità nazionale nel singolo Stato. A queste ultime appartenevano sia il popolo italiano,
quello germanico e il polacco. Per ottenere la coscienza rivoluzionaria necessaria al
perseguimento di questo programma politico Mazzini fondò la Giovine Europa, come
associazione rivoluzionaria europea che aveva come scopo specifico l'agire in modo
comune, dal basso e usando strumenti rivoluzionari e democratici per realizzare nei singoli
Stati una coscienza nazionale e rivoluzionaria.

Associazione Nazionale del Fante

Federazione Provinciale di Venezia

e-mail: sauleonardo@libero.it

ASSOCIAZIONE NAZIONALE DEL FANTE

La nostra memoria, date da ricordare

“la nascita del concetto di Patria”

Il Tricolore, dalla Repubblica Cisalpina allo Stato Unitario, attraverso le guerre
Risorgimentali o d'Indipendenza, la I' e II' Guerra Mondiale, la nascita della
Repubblica Italiana.
Premessa:
Lo studio viene intrapreso a seguito dei diversi interventi promossi dalla Federazione
Provinciale di Venezia, per il 150mo anniversario dell'Unità d'Italia (1861-2011), che verrà
a coincidere con il prossimo anno 2011. Le commemorazioni e le Cerimonie che
interesseranno la Provincia di Venezia, devono principalmente coincidere con la
divulgazione storica nei diversi plessi scolastici e devono interessare gli studenti di ogni
ordine e grado, coinvolgendo le istituzioni pubbliche, attraverso gli Assessorati alla
Pubblica Istruzione della Regione del Veneto, della Provincia di Venezia e di tutti i 42
Comuni della Provincia di Venezia.

Oggetto: in attesa del 17 marzo 150mo dell'Unità d'Italia.

Carissimi amici che siete qui presenti, voi qui presenti ci sostenete, non solo con la vostra
presenza ma anche moralmente, senza di Voi, noi dell'Associazione Nazionale del Fante,
non avremo la volontà di continuare la nostra opera. Voi siete il terreno fertile che ci
permette di seminare delle idee, dei pensieri che desideriamo si attuino sia attraverso di Voi
sia attraverso le generazioni future che voi rappresentate.
Vorrei ricordare a tutti Voi, l'evento che verrà reclamizzato, più o meno come l'evento più
significativo, per noi italiani, e che dovrebbe coincidere con l'anno 2011. Il
centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia.
Tra questi eventi, altre importanti date.
7 gennaio 1797, la nascita del Tricolore a Reggio Emilia, Bianco e Rosso della città di
Milano e Verde delle divise della guardia civica di Milano. Questo tricolore
(rivoluzionario), venne adottato prima dalle piccole, minuscole repubbliche che si erano
resi indipendenti dal giogo straniero o dal giogo assolutista dei loro governanti,
successivamente questo Stendardo venne adottato dalla Repubblica Cisalpina e Cispadana,
e poi dal Regno Italico. Venne abbandonato dal 1814 al 1848, ma resto nei cuori e nei
luoghi nascosti o nei cassetti di molti italiani, sia essi carbonari o patrioti che vedevano
l'Italia unita o sotto il Papa o sotto i Savoia o sotto la Repubblica, pensiero dei “carbonari”,
dei “massoni”, della Giovane Italia e dei mazziniani. In questo periodo molte imprese (moti

carbonari), furono stroncate e represse ma tutti questi italiani, che andarono a morte
gridando “viva l'Italia unita”, ed avevano come stendardo, stampato nel cuore, il Tricolore
Italiano.
Giuseppe Mazzini 1805-1872, quanto vere sono queste parole
Senza una patria libera nessun popolo può realizzarsi né compiere la missione che Dio gli
ha affidato; il secondo obiettivo sarà l'Umanità che si realizzerà nell'associazione dei liberi
popoli sulla base della comune civiltà europea attraverso quello che Mazzini chiama il
banchetto delle Nazioni sorelle. Un obiettivo dunque ben diverso da quella confederazione
europea immaginata da Napoleone dove la Francia avrebbe esercitato il suo primato
egemonico di Grande Nation. La futura unità europea non si realizzerà attraverso una gara
di nazionalismi ma attraverso una nobile emulazione dei liberi popoli per costruire una
nuova libertà. Il processo di costruzione europea, secondo Mazzini, doveva svolgersi prima
di tutto attraverso l'affermazione delle nazionalità oppresse, come quelle facenti parte
dell'Impero Asburgico, e poi anche di quelle che non avevano ancora raggiunto la loro
unità nazionale nel singolo Stato. A queste ultime appartenevano sia il popolo italiano,
quello germanico e il polacco. Per ottenere la coscienza rivoluzionaria necessaria al
perseguimento di questo programma politico Mazzini fondò la Giovine Europa, come
associazione rivoluzionaria europea che aveva come scopo specifico l'agire in modo
comune, dal basso e usando strumenti rivoluzionari e democratici per realizzare nei singoli
Stati una coscienza nazionale e rivoluzionaria.
..............1847, Nel corso del 1847 il patriota Goffredo Mameli compone quello che poi
verrà adottato da tutti gli italiani come Inno nazionale, molti lo confondono come “Fratelli
d'Italia” o come “l'Inno degli italiani”, ma l'esatta denominazione è l'Inno di Mameli.
1848, 1° gennaio
 IL l° primo gennaio di 163 anni fa i Cittadini di Milano decisero di mettere in atto lo
sciopero del tabacco, per protestare contro il Governo Imperiale che aveva posto
tabacco e altri prodotti di uso frequente sotto il proprio monopolio.

Le Cinque giornate di Milano furono un'insurrezione avvenuta tra il 18 e il 22 marzo
1848, per mezzo della quale i cittadini di Milano si liberarono dal dominio austriaco.
Fu uno dei maggiori episodi della storia risorgimentale italiana del XIX secolo oltre che dei
moti liberal-nazionali europei del 48-49.
Quasi contemporaneamente ai moti popolari del 1848 che si sollevarono nel Regno
Lombardo-Veneto, insorgeva, il 18 marzo di quell'anno la città di Milano: fu, questo, il
primo episodio a testimonianza dell'efficacia dell'iniziativa popolare che, guidata da uomini
consapevoli degli obiettivi della lotta, poteva rivelarsi in grado di influenzare le decisioni
dello stesso Re di Sardegna Carlo Alberto che dopo aver a lungo esitato, approfittando
della debolezza degli Austrici in ritirata, dichiarò guerra all'Impero asburgico (Prima guerra
d'indipendenza).
4 marzo 1848, Carlo Alberto di Savoia-Carignano Re del Piemonte e della Sardegna,
volle mettersi a capo della coalizione per scacciare lo straniero dall'Italia, per unificare
sotto Casa Savoia tutta la penisola, e promulgò lo Statuto (la prima costituzione concessa
agli italiani- costituzione che vedeva il parlamento e il re come capo dello stato) e, nello
stesso adottò il Tricolore con al centro, nel riquadro bianco lo scudo dei Savoia.
Il 17 marzo 1861, con la fondazione del Regno d'Italia, divenne la carta fondamentale della
nuova Italia unita e rimase formalmente tale, pur con modifiche, fino al biennio 1944/1946
quando, con successivi decreti legislativi, fu adottato un regime costituzionale transitorio
valido fino all'entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana, il 1º gennaio
1948. Lo Statuto Albertino, nonostante non abbia natura di fonte legislativa sovraordinata

alla legge ordinaria può essere considerato a tutti gli effetti un primo esempio di
costituzione breve.
23 marzo 1848, I' Guerra d'Indipendenza,
Dopo i primi successi (Milano, d'altronde, si era già liberata da sola!) la condotta militare
suscitò molte perplessità per lentezza ed incertezze. L'eccessiva fretta con cui Carlo
Alberto puntava all'annessione della Lombardia piuttosto che impegnarsi ulteriormente
contro gli Austriaci, insospettì i rivoluzionari ed anche gli altri sovrani, che, uno dopo
l'altro, a cominciare da Pio IX, ritirarono le truppe.
L'azione militare non procedeva perché Carlo Alberto era soprattutto preoccupato di
chiudere ogni spazio all'iniziativa popolare ed ai democratici. In questo quadro le prime
sconfitte piemontesi fecero precipitare la situazione. A CUSTOZA, dopo 3 giorni di
combattimento, il 25 luglio Carlo Alberto si ritirò lasciando Milano nelle mani degli
Austriaci ed il 9 agosto il generale Salasco firmò l'armistizio che determinò una crisi del
movimento liberale aggravata dalla sconfitta dei moti insurrezionali
in Italia, sotto la pressione dei democratici, riprese il conflitto austro-piemontese, sospeso
dall'armistizio di Salasco. La guerra fu subito sfavorevole alle truppe piemontesi, perché
l'Austria era in netta ripresa sul piano politico e militare; essa durò appena 80 ore ed il 23
marzo, a Novara, le truppe sabaude subirono una gravissima sconfitta che costrinse Carlo
Alberto ad abdicare in favore del figlio Vittorio Emanuele II. Questi, a Vignale, firmò un
armistizio particolarmente gravoso per il Piemonte, in base al quale l'Austria avrebbe
occupato il novarese ed avrebbe avuta una guarnigione ad Alessandria.
..............1848, nascita e repressione della Repubblica Romana,
Anche nello Stato Pontificio gli avvenimenti precipitarono: di fronte alle pressioni dei
democratici Pio IX chiamò a capo del Governo un conservatore illuminato, Pellegrino
Rossi, nella speranza di evitare un inasprimento della tensione politica. Il programma di
Rossi urtò contro l'opposizione dei conservatori e del clero, ma risultò limitato ai
rivoluzionari. Rossi fu da quest'ultimi assassinato ed il Papa abbandonò Roma per
rifugiarsi a Gaeta; dopo poche settimane fu eletta un'assemblea costituente che, il 9
febbraio 1849, proclamò la fine del potere temporale del Papato e la fondazione della
Repubblica Romana con a capo un triumvirato composto da Mazzini, Armellini e Saffi.
..............1848, nascita e repressione della Repubblica Veneziana,
I primi mesi del 1848 furono densi di momenti premonitori, diremmo oggi, di quella che
sarebbe diventata la primavera dei popoli europei: il 12 gennaio insorge la Sicilia, in
febbraio esplode a Parigi la rivolta che porterà alla Seconda Repubblica, il 13 marzo a
infiammarsi è Vienna, due giorni dopo Budapest e Berlino: il 17 marzo la notizia della
rivolta viennese giunge a Venezia e vengono liberati Daniele Manin e Niccolò Tommaseo;
il 22 marzo viene proclamata la Repubblica di Venezia. 25 marzo gli austriaci lasciano
Vicenza che il 27 marzo aderisce alla neonata Repubblica Veneziana. Ad una ad una le
rivoluzioni verranno sedate a colpi di baionetta ovunque in Europa. A Vicenza, dopo una
delle pagine di resistenza meno note al grande pubblico ma tra le più esaltanti in Italia, gli
austroungarici segneranno la repressione con un gesto ferocemente barbaro ma
emblematico: la lacerazione in 32 pezzi della Cena del Veronese a Monte Berico, simbolo
della ferocia della repressione.
Resiste solo Venezia, la cui esperienza durerà sino all’agosto del 1849: proprio la parabola
veneziana e gli errori di Manin saranno determinanti nel segnare l’ala democratica della
borghesia italiana favorendo il conservatorismo reazionario sabaudo, come bene notò Paul
Ginsborg in un suo studio giovanile.
Già nel Settecento la classe dirigente veneziana aveva commesso un errore fatale nel non

spiegare al vento della nascente cultura liberale le vele della Repubblica riconoscendo alla
borghesia il suo ruolo di forza trainante coinvolgendola nel governo e coinvolgendo il
territorio . Manin e i democratici veneti cinquant’anni dopo, oltre a non comprendere il
ruolo della campagna e del territorio, commisero l’errore d’appoggiarsi ai Savoia; di certo
non potevano sapere che il progetto sabaudo era decisamente reazionario e ben diverso,
nella sostanza e negli esiti finali, dagli obiettivi democratici che l’insurrezione popolare,
perché tale fu la rivolta del marzo 1848, vagheggiava. La rivolta di popolo fu con
quell’errore, in altre parole, incanalata, addomesticata, trasformata in guerra di re, asservita
alle esigenze di una oscura casa regnante capace poi di far pagare a quello stesso popolo un
incredibile tributo di sangue, vessazioni, fame, povertà.
L’errore di Manin, come quello dei nobili Veneziani settecenteschi, fu quello di non capire
che bisognava cogliere l’occasione data dal vento di primavera, dall’ansia di libertà che

aveva allora scosso l’intera Europa. Bisognava osare. Oggi, “mutatis mutandi”, la grande
crisi economica di questi anni ha segnato la fine di un’epoca e bisogna capire che questo
cambiamento è veramente epocale. Nei fatti la crisi ci ha posto tutti davanti ad un nuovo
scenario e tutti dobbiamo essere consci che il mondo che verrà sarà completamente diverso
da quello che abbiamo conosciuto. Bisogna avere il coraggio di imboccare una nuova rotta:
aprire le vele del Veneto e farle gonfiare al vento di primavera verso una nuova stagione di
libertà. Il marzo del 1848 a Vicenza come a Venezia si colse, almeno inizialmente, quel
vento di libertà e si tentò di inaugurare una nuova stagione. Guardiamo con rispetto e
intelligenza critica a quell’anniversario, a quegli uomini per molti aspetti coraggiosi e
generosi, per non commettere gli stessi errori e per cercare di guardare davanti a noi.
..............1859, Vittorio Emanuele II Re del Piemonte, pronuncia il fatidico discorso al
Parlamento Piemontese, “il grido di dolore che da ogni parte d'Italia si muove verso di noi”

in questo momento di pausa l'orchestra e la filarmonica potrebbe suonare il “Va Pensiero”

..............1859, II' Guerra d'indipendenza,

Dopo gli accordi di Plombières, Napoleone III cercò di tirarsi indietro dagli impegni appena
assunti. Nel Regno Sabaudo le pesanti concessioni fatte alla Francia avevano alienato alla
politica del Cavour molti consensi. Tuttavia questi riuscì nel suo intento a seguito di un
ultimatum mandato dall'imperatore d'Austria, Francesco Giuseppe, a Vittorio Emanuele II,
nel quale questa chiedeva il disarmo dell'esercito sabaudo stanziato al confine del Ticino.
L'ultimatum fu respinto ed il 26 aprile 1859 l'Austria dichiarò guerra agli Stati sardi. Iniziava
così la SECONDA GUERRA d'INDIPENDENZA.
Napoleone III fu così costretto a rispettare i patti ed a mandare a Genova un contingente di
100.000 uomini. L'esercito franco-piemontese riportò decisive vittorie sugli Austriaci a Palestro,
Montebello e Magenta, mentre Garibaldi alla testa dei CACCIATORI delle ALPI liberava
Como, Varese, Bergamo e Brescia. Gli Austriaci vennero ancora sconfitti a Solferino ed a San
Martino.
Queste vittorie fecero insorgere le popolazioni del Granducato di Toscana, dei Ducati di
Parma, Piacenza e Modena ai rispettivi sovrani, dando vita a governi provvisori. A questo
punto Napoleone III, a Villafranca, stipulò in gran segreto l'ARMISTIZIO con l'Austria,
preoccupato della situazione italiana che non gli avrebbe permesso di imporre la supremazia
francese sulla penisola: con l'armistizio l'Austria cedeva alla Francia la Lombardia, perché la
consegnasse al Regno Sabaudo.
il Regio Esercito Piemontese, aiutato dall'Esercito Francese di Napoleone III°, dai volontari che
da ogni parte d'Italia, come i “Cacciatori delle Alpi” vanno a ingrossare le file degli Italiani e

muove contro l'Austria-Ungheria e con questa contesa, dopo la pace di Villafranca, la Lombardia
si unisce al Piemonte e comincia a delinearsi quello stato unitario.
Impresa dei Mille, ed il 15 maggio 1860 ,
a Palermo il 04 aprile 1860, guidata dai democratici Francesco Crispi e Rosolino Pilo, con
l'intento di liberare il Sud del Paese. Soprattutto Garibaldi cominciò ad arruolare volontari; la
sua spedizione, passata alla storia col nome di Spedizione dei Mille, partì da Quarto alla volta
delle coste siciliane. L'11 maggio i Mille sbarcarono a Marsala e riportarono un decisivo
successo a Calatafimi sulle truppe borboniche. Dopo l'ennesima vittoria a Milazzo, sbarcarono
in Calabria e, travolta ogni resistenza, entrarono a Napoli. Era evidente che Garibaldi non si
sarebbe fermato qui. Egli, infatti, aveva intenzione di marciare su Roma e Venezia, per liberare
la prima dal Governo Pontificio e la seconda da quello Austriaco, prima di consegnarle a
Vittorio Emanuele II. Preoccupato per questo progetto che poteva provocare pericolose10
reazioni da parte delle potenze europee, Cavour decise di battere in velocità Garibaldi, facendo
intervenire l'esercito sardo nelle regioni centro meridionali, con lo scopo di fermare l'«Eroe dei
Due Mondi» prima che potesse giungere nello Stato Pontificio. Fu così che il 26 ottobre
Garibaldi, a Teano, incontrò Vittorio Emanuele II, nelle mani del quale rimise ogni potere, e
si ritirò nell'isola di Caprera.
a Calatafimi, i Garibaldini si scontrarono con l'Esercito Borbonico del Regno delle due Sicilie,
volgeva in una quasi disfatta per le camicie rosse, Nino Bixio aveva il timore di perdere la
battaglia e con questa paura nell'anima chiese a Garibaldi cosa fare, la risposta fu la seguente:
“Qui si fa l'Italia o si muore”.
17 marzo 1861, Il 17 marzo 1861 venne così proclamata la fondazione del Regno d'Italia di cui

Vittorio Emanuele II fu proclamato re «per grazia di Dio e per volontà della nazione».

si promulga a Torino il Regno d'Italia, la vecchia denominazione del Regno della Sardegna, (con
la II' Guerra d'indipendenza che vide le armi Italiane con le forze Francesi sconfiggere l'Austria-
Ungheria), cambiò in Regno d'Italia, l'Unificazione si stava completando ed il 18 dicembre 1861
a Torino si riunì il primo Parlamento Italiano, con tutti i rappresentanti dell'Italia liberata.
Restavano fuori da questo Parlamento le Regioni del Lazio, del Veneto del Trentino A.A. e del
Friuli Venezia Giulia, con i nostri fratelli di nazionalità italiana che vivevano nella Dalmazia. Si
spostò la Capitale da Torino a Firenze, nella speranza di trasferirla definitivamente a Roma.
Massimo d'Azeglio: ebbe la capacità di intravedere i limiti della riunificazione "Abbiamo fatto l'Italia

ora dobbiamo fare gli italiani"

III' Guerra d'Indipendenza 1866, le armi italiane sia di terra che di mare non ebbero vita

facile, abbiamo avuto solo sconfitte, ricordiamo quella sul mare a Lizza in Dalmazia, Le Marine
della Sardegna, della Toscana e delle due Sicilie, fuse e con il vessillo del Tricolore sull'albero
di maestra, combatterono ma la sorte fu nefasta. Solo i fanti i Cacciatori delle Alpi di Garibaldi
ebbero la fortuna di occupare e battere le truppe austriache. Ma l'alleanza con la Germania
Prussiana del Kaiser portò il Veneto nei confini d'Italia.
Mancavano solo le Regioni del Trentino Alto Adige, una parte del Friuli con Trieste, l'Istria e la
Dalmazia costiera, chiamate terre irredente.
4 Novembre 1918, viene ricordato come il giorno nel quale l'Italia compì la riunificazione
delle terre irredente e la sua unità nazionale. Nel contempo ricordiamo, essendo il giorno che
terminò la I' Guerra Mondiale, i 680.000 soldati che nella Grande Guerra morirono ed il
1.050.000 soldati feriti e mutilati.

in questo momento di pausa l'orchestra e la filarmonica potrebbe suonare la “Leggenda
del Piave”

4 Novembre 1921, viene tumulata la salma del Milite Ignoto all'Altare della Patria in Roma –

Piazza Venezia.

8 Settembre 1943, viene ricordato come lo strappo dal Fascismo e la rinascita, il riscatto

dell'Italia libera.

- 2 giugno 1882: la morte di Giuseppe

- 2 giugno 1946: il referendum popolare a favore della Repubblica Italiana.

- 2 giugno 2001: il ripristino della Festa Nazionale della Repubblica Italiana, a cura del
Presidente Carlo Azeglio Ciampi.

- 2 giugno 2011: il decennale del ripristino della Festa Nazionale della Repubblica Italiana.

Gli eventi del 1946 e del 1948 rappresentarono il compimento dell'epopea storica del nostro
Risorgimento, i cui valori vanno difesi contro i recenti tentativi di revisionismo storico e di
rivalutazione delle correnti ideali, papaline e monarchiche. Inoltre, in questa difesa, va proclamata
l'unicità del Risorgimento, senza distinzioni fra primo e secondo, sulla base della visione
mazziniana della Repubblica, come la forma di stato più idonea.

Guai ai popoli che non coltivano, non rinnovano, non rendono duraturi i valori ideali e civili del loro
convivere, della loro patria e non celebrano adeguatamente la ricorrenza degli eventi
fondamentali!

Il prossimo 17 marzo 2011, festeggeremo il centocinquantesimo anniversario dell'Unità
d'Italia, come entità statale.
Noi che ci specchiamo, che abbiamo come riferimento le nostre Forze armate, vorremmo
ricordare il 4 maggio 1861, ed il prossimo 4 maggio 2011, centocinquanta anni or sono con
un brevissimo e semplice ordine, classificato “nota”, nella terminologia dell'epoca e
contraddistinto con il n. 76, testualmente prescriveva: “........d'ora in poi, il Regio Esercito
dovrà prendere il nome di Esercito Italiano, rimanendo abolita l'antica denominazione di
Armata Sarda”. Era l'atto di nascita ufficiale del nostro Esercito. Emanato da Torino, prima
capitale dell'Italia libera ed unita, portava la firma di Manfredo Fanti, Ministro della Guerra.
Sono trascorsi centocinquanta anni da quei momenti, vorrei dirvi che sono trascorsi solo appena
pochi anni, un tempo assai breve per un Paese come l'Italia che ha il privilegio di poter misurare
a millenni la propria Storia. Eppure, nel celebrare queste fauste ricorrenze, mi sento preso da un
senso di profonda emozione, perché il significato di queste date trascende di gran lunga il valore
intrinseco del tempo: se sul piano storico, infatti, esso ha i caratteri conclusivi della fine del ciclo
risorgimentale nazionale ed ha l'aspetto della sanzione di un dato di fatto compiuto, sul piano
morale, invece è punto di partenza; non epilogo, ma premessa. Sulle colline di San Martino
(Patrono dell'arma di Fanteria), l'Armata Sarda aveva gloriosamente suggellato, il 24 giugno
1859, la sua secolare storia ed aveva materializzato la prima vera unità d'Italia, quell'unità che il
campo di Battaglia sa creare e che solo il sangue generosamente versato riesce a cementare
indissolubilmente.
Ricordiamo e cantiamo sempre ed in qualsiasi circostanza l'Inno di Mameli, ed eleviamo sulle
più alte cime dei nostri pennoni, dei nostri municipi, dei nostri campanili, delle scuole dei nostri
figli, dei nostri nipoti o delle nostre montagne, il nostro Tricolore, esponendolo nelle nostre case,
in un momento nel quale si vuole cancellare questi due simboli d'Italia. Questo deve essere la
nostra meta ed il nostro scopo, ma è inevitabile che quanto più elevato sia lo scopo da perseguire
tanto maggiore debba essere la nostra determinazione. Chi ha un Tricolore in casa lo esponga
nella date del 25 aprile, del 2 giugno, del 4 novembre e quando muore un nostro soldato, non
solo quando la nazionale di calcio vince allo stadio.
Nel fervore delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia, nella
solennità della rievocazione del centocinquantesimo anniversario della costituzione dell'Esercito

Garibaldi.


nazionale, che tanto contributo diede alla realizzazione degli ideali di indipendenza e di unione,
vorrei unire l'Onore che le nostre forze armate, esercito, marina aeronautica, custodiscono e
tramandano, facendone solenne promessa sull'Altare della Patria, in devoto raccoglimento
dinanzi al sacello del Milite Ignoto. Noi studenti, docenti dell'Università della III' Età di Mestre,
dobbiamo essere fedeli a questi ideali. Parlatene con i Vostri figli e con i Vostri nipoti, loro sono
il nostro futuro.
Molti patrioti furono massacrati per l'ideale di una Patria libera ed unita, vedete tutta la lotta
della resistenza italiana, sia durante il fascismo che durante i due anni dell'occupazione
nazifascista dell'Italia settentrionale, morirono al grido di Viva l'Italia.
Queste date, questi momenti della nostra vita civica, della vita della nostra Italia, fa nascere in
noi un sentimento che sembrava perso, quello del concetto di Patria. L'abbiamo perso questo alto
valore morale l'8 settembre 1943, dopo quella data sconvolgente per noi italiani, dove fratelli si 12
sono opposti con le armi ad altri fratelli della stessa nazionalità, non è stato più resuscitato, è lì
in quella bara deposta sull'altare della Patria, il sacello del Milite Ignoto.
E' finito, sepolto il nazionalismo, sono sepolti gli idealismi politici, che hanno vissuto molti di
noi nello scorso secolo, dobbiamo raccoglierci sotto i valori morali dell'umiltà, dell'amore,
l'umiltà e l'amore il terreno dove nascono tutte le virtù. Non l'egoismo dell'individuo ma la
fratellanza dell'umiltà e dell'amore. Un insegnamento che ci proviene dal Cristo.

Il ricordo verso coloro che sono morti per il Tricolore e per l'Italia, è un dovere per tutti noi,
consapevoli della riconoscenza nei loro riguardi di tutta la Nazione italiana.
Perché ci si deve ricordare di queste date, di questi moltissimi fratelli che sono morti per il
Tricolore? Perché nessuno è veramente morto finché qualcuno lo ricorda.
Giovanni Semeria, un “discusso” frate che accompagnava i generali nella prima guerra
mondiale, scrisse queste parole significative: “Solo se noi li sapremo cullare con un canto
d'amore e di gloria, dormiranno in pace nelle loro tombe i nostri morti.”
Un affettuoso, carissimo saluto a tutti Voi amici di Rivignano.
Vi invito a cantare con me l'Inno di Mameli”, alziamoci in piedi e con la mano
del cuore, ricordiamo coloro che hanno fatto l'Italia.

Viva il Tricolore, viva l'Italia.





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